Racconto del miracolo
Dalle Memorie storico-cronologiche di Antignate, del canonico Annibale Besozzi.
Il sindaco aveva visto un ufficiale a cavallo inviato di sorpresa dal Duca di Vendome al campo. Avendo intuito i segnali di imminente pericolo militare, aveva capito che l'ufficiale era stato inviato per rinforzare un grosso distaccamento di soldati e saccheggiatori che stavano per attaccare Antegnate. L'obiettivo era saccheggiare il villaggio e farne strage, vendicando così Medavì. Il sindaco utilizzò come pretesto una questione legata al servizio dell'esercito per entrare nel castello e da lì nella chiesa per informare i parroci presenti.
I parroci erano Don Paolo Vittore Vezzoli e Don Orazio Torresani, che avendo sentito dell’incidente occorso al granatiere decapitato dal Taiadello, appresa la notizia dell'imminente pericolo rappresentato dai soldati pronti per la vendetta, stavano distribuendo i sacramenti alle persone in grado di riceverli e stavano pregando per le anime di tutti. Nonostante l'angoscia della situazione, avevano trovato il coraggio di celebrare la messa solenne all'altare della Miracolosa Vergine del Rosario e si animavano l’un l’altro invocando, e Dio lo sa con quale affetto e fervore di spirito, ora la Beata Vergine del Rosario con le litanie, ora San Michele loro patrono. Le orazione durarono fino a mezzogiorno.
Poco dopo, un fedele affacciatosi alla porta della chiesa udì il rumore di una folla di persone e di armati che si avvicinava al castello. Era Domenico Radici e venne a sapere che un distaccamento di cinquemila soldati inviati dal Duca di Vendome stava per saccheggiare Antegnate e assaltare il castello. A quell’ora anche le case erano già state saccheggiate, i mobili e le suppellettili gettati per terra, il vino era stato versato, gli Oratori erano stati spogliati, le statue dei santi, come Sant’Antonio di Padova nella Chiesa della Madonna delle grazie, erano state spogliate dei loro preziosi ornamenti, gli altari e le panche sfasciate e pronte per essere usate come legna per l’incendio.. I soldati stavano preparando l'assedio.
A quel punto, Domenico Radici, tornò in chiesa per informare tutti coloro che là si erano rifugiati del pericolo imminente dicendo “Animo figlioli, che siamo già perduti, se la Beatissima Vergine Maria e San Michele non ce ne liberano”! Il parroco Vezzoli allora incoraggiò tutti a fidarsi della Miracolosa Vergine del Rosario e del potente patrocinio di San Michele Arcangelo, anche se la morte sembrava inevitabile e intonò le litanie della Beata Vergine. Mentre cantavano, col cuore sulle labbra, “Santa Maria, ora pro-nobis” ecco, d’improvviso, un vento impetuoso e una luce intensa riempirono improvvisamente la chiesa. Le lampade si spensero, e il canto delle litanie fu interrotto. La luce intensa proveniva dalla nicchia della Vergine del Rosario, illuminando meravigliosamente l'intera chiesa e il vento forte spense le lampade e i lampioni intorno all'altare. Anche le quattro torce si spesero. Tutti coloro che si erano rifugiati in chiesa furono spinti a terra dal vento impetuoso senza capirne la causa. Poco dopo, si sentirono chiamare dal Sindaco che con voce festosa stava comunicando loro ciò che stava accadendo.
Il parroco Torresani, sorpreso e stupito, vide che l’attacco era stato sospeso: i soldati erano in stato di confusione, alcuni di loro montati sui tetti delle case circostanti, ed erano tutti sopraffatti, come in atto d’ammirazione e di stordimento.. Nel frattempo, un grosso contingente di soldati si ritirò come se fosse stato inseguito da un esercito nemico più numeroso e potente. Quelli rimasti non facevano altro che esprimere grande stupore e meraviglia.
Il parroco Torresani non capiva cosa fosse successo fino a che finché non vide avvicinarsi il sindaco, preceduto dal generale Medavi, insieme ad altri ufficiali che lo accompagnavano. Avevano abbassato il ponte levatoio dell'ingresso principale per spiare che tipo di grande esercito avesse occupato il castello e che razza di principessa e generalissimo guidavano la forte difesa del castello. Per sicurezza, Medavi entrò nel castello, dicendo che non c'era nulla da temere perché aveva il dovere di informare il duca di Vendome e lo stato maggiore della l'esercito sugli armamenti del castello. Dopo aver constatato personalmente che non vi era alcuna minaccia imminente all'interno del castello, Medavi si affrettò a riferire al duca di Vendome, che non si convinse, quindi abbassò nuovamente il ponte levatoio del castello e si recò di persona, insieme al sindaco , per rendersi conto di persona della situazione e voleva avere testimoni dei fatti.
Quando entrarono in chiesa, con loro grande sorpresa, trovarono però solo tredici uomini, due parroci e alcune donne, poiché Taladello si era già rifugiato a Romano la notte precedente. Quando i generali entrarono in chiesa furono tramortiti dallo stesso forte vento e dalla stessa luce che avevano spento le fiamme. All'arrivo di questi signori, ci fu una notevole paura tra i fedeli ma , riconoscendo l'importanza di questo miracolo, anche , il generale Medavi, che guidava i cinquemila francesi che si preparavano ad assaltare il castello, confessò apertamente di aver visto, proprio mentre stava per sferrare l'attacco, un gran numero di combattenti, che si distingueva dal fumo dei cannoni e, per confermarlo, fece salire sui tetti i suoi aiutanti. Videro tutti la stessa cosa, così come gli altri soldati che li seguirono. Dal tetto potevano vedere, tra i combattenti, una principessa straordinaria ed eroica seduta sulla porta della chiesa, irradiante un grande splendore. Non permetteva a nessuno di guardarla direttamente in viso per riconoscere i suoi lineamenti, che apparivano piuttosto minacciosi e maestosi, con un grande guerriero alla sua destra, vestito da Comandante Generale della splendente guarnigione. Abbassò il capo in segno di sottomissione, impugnando una scintillante spada sguainata, aspettando che gli ordini del suo Sovrano fossero eseguiti dal numeroso esercito ivi radunato, mentre allo stesso tempo si inginocchiava per onorare l'ammirevole Principessa."
Appena si udì dalle sue labbra il racconto del generale Medavi, i parroci alzarono le mani in un gesto di sentita gratitudine all'Altissimo, e in mezzo a quella folla si udirono solo le grida di 'Viva Maria, Viva San Michele", mentre tutti piangevano lacrime di grande gioia. Anche gli stessi generali non riuscirono a trattenere lacrime di tenerezza quando riconobbero nel volto maestoso della statua lì venerata i lineamenti della grande matrona che aveva condotto un esercito celeste a difesa di quel castello.
Il duca di Vendome e Medavi si inginocchiarono davanti all'altare, e tutti gli alti ufficiali fecero lo stesso in segno di gratitudine per la miracolosa liberazione avvenuta. Tutti lodarono, con una sola voce, il grande privilegio di questa terra di essere sotto la protezione dell'onnipotente Regina del Cielo e del formidabile comandante degli eserciti celesti e il Principe delle schiere celesti, San Michele.